Dopo la Prima Guerra Mondiale, all'affermarsi del movimento fascista di Benito Mussolini. I liberali con le elezioni del 1921 avevano perso definitivamente la maggioranza dei seggi del parlamento, a favore dei nuovi partiti di massa (Partito Popolare, Partito Socialista ed il nuovo Partito Comunista). Due erano le conseguenze negative: da un lato la nuova maggioranza non aveva mai avuto esperienze di governo; dall' altro i vari gruppi che la componevano non riuscivano ad accordarsi per le differenze ideologiche che li caratterizzavano.
Nacque perciò un governo debole, la cui precarietà si manifestò apertamente alla fine del ministero di Ivanoe Bonomi, causata da un banale fallimento di una filiale della Banca d' Italia nel 1922. A tutte queste difficoltà si aggiungeva il disagio sociale causato dalle squadre fasciste che intanto nel Congresso di Roma del Novembre dell'anno precedente trovarono espressione in un vero e proprio partito, il Partito Nazionale Fascista: esso dichiarava di aspirare all' "onore supremo del governo".
L'ancor pi debole governo del successore di Bonomi, Luigi Facta, non riuscì a porre un rimedio alla situazione critica; fallirono del resto anche i tentativi di coalizione tra le forze democratiche del Paese contro le violenze fasciste, che si risolsero nell' inutile "sciopero legalitario", indetto il 31 Luglio da tutte le organizzazioni sindacali, il quale anzi aumentò le illegali scorribande squadriste. Mussolini del resto in questo clima di tensione cercava di dare, per quanto possibile, un' immagine legalitaria al movimento fascista mediante riconoscimenti ai valori del Cattolicesimo e della Monarchia, abbandonando ogni pregiudiziale repubblicana che ne aveva caratterizzato gli inizii.
La speranza di Giolitti (ma anche di Salandra) era quella di ricondurre il PNF, in seguito alla "veste legalitaria", all' interno delle normali strutture e istituzioni tradizionali. Un' alleanza antifascista si rivelava ancora difficile anche a causa dei problemi interni al PSI, e Mussolini ne approfittò per organizzare un'azione di forza: a Napoli il 24 Ottobre 1922 si tenne una massiccia adunata di squadre fasciste, alle quali Mussolini annunciò il proposito di calare su Roma se entro poco tempo non gli fosse stato affidato il governo dell' Italia. Mentre Facta si dimetteva il 26 Ottobre, le squadre con la complicità di prefetti e sindaci bloccarono molti uffici pubblici e ferrovie, nonostante fossero mal armate rispetto all'esercito. Occuparono e si ammasarono in città come Civitavecchia, Mentana e Tivoli, ma le loro condizioni si facevano abbastanza precarie: mancavano viveri, le armi erano spesso insufficienti o non adatte.
Il re decise inizialmente la mobilitazione militare: Mussolini fu anche arrestato dal prefetto, ma il sovrano, temendo una guerra civile e la fine del suo regno, all' improvviso mutò atteggiamento non firmando il proclama di stato d' assedio del 28 Ottobre proposto da Facta. Mussolini che si era previdentemente ritirato a Milano (a pochi chilometri dalla neutrale Svizzera, possibile rifugio in caso di fallimento...), e da lì rifiutò anche le ultime mediazioni. Vittorio Emanuele sotto la spinta dei maggiori esponenti della classe industriale affidò la sera del 29 il compito di formare un nuovo governo a Benito Mussolini. Nel nuovo ministero entrarono grandi figure della prima guerra mondiale come Armando Diaz. I popolari e i liberali diedero il voto di fiducia al governo Mussolini sperando, come già Giolitti aveva auspicato, nella costituzionalizzazione della nuova realtà politica, ma già dai primi discorsi che il futuro duce tenne alla camera si delineavano già le caratteristiche totalitarie della sua ideologia politica.
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